Ora un patto sociale per salvare i giovani da criminalità e degrado

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Ecco il testo della mia mozione di contrasto alla povertà minorile educativa e culturale che sarà discussa e votata in Parlamento ad aprile.

la criminalità minorile è un fenomeno in costante crescita che spesso si traduce in episodi di aggressione di bande di minori nei confronti di adolescenti. L’aggregazione giovanile in bande o in organizzazioni criminali è spesso legata a una situazione di disagio personale e familiare. Dalla relazione della direzione investigativa antimafia emerge un dato alquanto preoccupante che riguarda l’interesse sempre più forte ed esteso delle nuove generazioni all’interno dei clan camorristici. «Particolare attenzione merita il rapido diffondersi di episodi riprovevoli e violenti commessi dalle cosiddette baby gang, espressione di una vera e propria deriva socio-criminale» scrivono gli analisti. Questi sono gruppi composti spesso da «ragazzi considerati a rischio di devianza per problematiche familiari o perché cresciuti in contesti che non offrono momenti di aggregazione sociale: fattori che concorrono ad un percorso di arruolamento nelle fila delle consorterie criminali. I minori, infatti, rappresentano un “esercito” di riserva per la criminalità, da impiegare, in particolare, nelle attività di spaccio delle sostanze stupefacenti ove, come più volte emerso dalle attività investigative, partecipano persino i bambini» che vengono impiegati come «pony express» per le consegne a domicilio. Le azioni delle baby gang «spesso sfociano in episodi di bullismo metropolitano e vandalismo connotati da una violenza ingiustificata»;

sono sempre più frequenti episodi di cronaca che riguardano atti di criminalità commessi da adolescenti, che si consumano nel contesto scolastico o vicino ad esso, interessando aree sia delle periferie, sia del centro cittadino. Si pensi a quanto avvenuto nel quartiere di San Giovanni a Teduccio (Na), dove un uomo è stato atrocemente ucciso a pochi metri dall’istituto comprensivo statale «Vittorino da Feltre», in presenza del nipote di soli tre anni ed avanti agli occhi dei piccoli alunni della scuola. Un altro triste episodio si è verificato nel comune di Manduria (Taranto), dove otto persone tra cui sei minorenni, hanno aggredito, nella propria abitazione, un pensionato di 65 anni, deceduto il 23 aprile 2019 dopo essere stato picchiato e seviziato. I ragazzi sono stati sottoposti a fermo con le accuse di tortura, danneggiamento, violazione di domicilio e sequestro di persona aggravati dalla crudeltà. Altro preoccupante avvenimento si è registrato a Milano, nell’area dell’Arco della Pace, dove numerose vittime, nella maggior parte dei casi minorenni, hanno subito atti di violenza e minacce con l’uso della forza e di armi, da parte di una baby gang criminale, composta da ragazzi tra i 15 ed i 20 anni provenienti da diverse zone della provincia, oltre che dalla stessa città di Milano. Infine, si consideri quanto avvenuto nel piccolo comune di Macomer (Nuoro), dove un giovane diciottenne, Manuel Careddu, è stato ucciso da cinque suoi coetanei per un debito di pochi euro, e poi gettato in un lago. Quest’ultimo episodio evidenzia che tali fenomeni non siano riferibili alle sole realtà metropolitane o periferiche, ma anche a piccoli paesi caratterizzati da zone rurali;

strettamente interconnesso alla criminalità minorile è il fenomeno dell’abbandono scolastico che, anche se con caratteristiche diverse, accomuna tutte le regioni italiane e che si interseca con il fenomeno dei «neet»: i giovani non impiegati né nello studio né nel lavoro che in Italia sono 3,3 milioni e hanno un costo annuale di 32 miliardi secondo il rapporto giovani 2019 dell’istituto Giuseppe Toniolo;

dai dati dell’edizione 2019 del rapporto sui giovani dell’istituto Giuseppe Toniolo emerge la forte incidenza del capitale culturale delle famiglie di origine sulla carriera scolastica dei giovani. In pratica, la scuola in questi anni non è riuscita a compensare il gap di dotazione culturale delle famiglie. Il rischio è quello che la spirale della povertà educativa si perpetui dai padri ai figli, traducendosi per i giovani in un rischio di marginalità lavorativa e sociale e in alcuni casi criminale;

la fiducia nelle istituzioni e la propensione verso le attività sociali, come il volontariato, tendono progressivamente a crescere in rapporto con i titoli di studio più alti. Solo il 5,7 per cento dei giovani dichiara di essere impegnato nel volontariato, e questa percentuale si abbassa fino all’1,4 per cento nel gruppo dei giovani che non hanno un titolo di studio secondario superiore;

per arginare la dispersione scolastica è necessario intervenire sugli aspetti connessi alla formazione, fornendo agli studenti maggiori strumenti di consapevolezza di sé e del proprio ruolo nella società, quanto su quelli legati alle dinamiche sociali, coinvolgendo attivamente le famiglie nella strategia dell’inclusione;

è necessario concentrare le azioni di contrasto alla dispersione scolastica sulle aree del Paese che presentano maggiori criticità, ponendo attenzione agli studenti caratterizzati da particolare fragilità o contraddistinti da esigenze specifiche;

la scuola è da intendersi quale polo di aggregazione per la comunità sociale che si estende nel quartiere di riferimento, al fine di puntare al ridimensionamento dei fenomeni di abbandono, rappresentando allo stesso tempo un luogo di utilità sociale al servizio della comunità, in grado di favorire l’integrazione dei gruppi più deboli e la promozione dell’economia sociale. Tale scopo può essere raggiunto, inoltre, attraverso l’importante contributo dei gruppi già attivi sul territorio, come enti pubblici, soggetti del terzo settore e privati;

all’interno del documento di economia e finanza (Def), approvato alla Camera dei deputati in data 18 aprile 2019, si afferma che la lotta alla dispersione scolastica ed alla criminalità minorile passa anche per un incremento delle opportunità formative sul territorio. In questo senso sono state avviate, per il tramite dei fondi europei, una serie di misure per il potenziamento delle competenze di base e per la lotta alla dispersione anche attraverso offerte formative in spazi e tempi ulteriori rispetto alle ordinarie attività didattiche. L’Italia è riuscita a ridurre il tasso di abbandono scolastico negli ultimi anni, passando dal 25,1 per cento degli under 24 nel 2000 al 14 per cento nel 2017. Comunque, ancora distante dall’obiettivo fissato nell’ambito di Europa 2020 di arrivare sotto il 10 per cento. A tal fine, la legge di bilancio per il 2019 ha incrementato il tempo pieno e prolungato, prevedendo 2.000 posti aggiuntivi nella scuola primaria. Con particolare riguardo agli strumenti per una educazione inclusiva e di qualità per tutti, sono allo studio diverse misure per garantire le prestazioni e i servizi necessari per raggiungere la piena inclusione scolastica e assicurare il diritto allo studio agli studenti diversamente abili o con bisogni educativi speciali. In funzione di questo sarà anche rafforzata la formazione iniziale dei docenti di sostegno, definendo degli indicatori per misurare la qualità dei processi di inclusione in ogni scuola anche al fine di ottimizzare le risorse e ridurre le disparità regionali, nell’ottica dell’armonizzazione del servizio su tutto il territorio nazionale;

a gennaio 2019 sono state individuate le 60 scuole situate in aree a rischio alle quali saranno destinati 2 milioni per la creazione di ambienti digitali di apprendimento. Tale misura contribuirà a contrastare la dispersione scolastica, grazie al fatto che le scuole beneficiarie sono state individuate tra quelle con i più alti indici di disagio negli apprendimenti, di status socio-economico familiare, di deprivazione territoriale e di abbandono scolastico;

sempre in tema di minori, di infanzia e di adolescenza, a valere sul fondo «per la solidarietà alle vittime di crimini domestici», potranno essere previsti interventi a tutela di situazioni di vulnerabilità socioeconomica, con particolare attenzione al disagio minorile, anche con riferimento al contrasto del cyberbullismo, a favore del quale è stata avviata una campagna istituzionale di sensibilizzazione. Ulteriori risorse pari a 55 milioni annui per il triennio 2019-2021 sono state altresì destinate al rifinanziamento degli interventi di contrasto della povertà educativa minorile;

ai fini dell’inclusione scolastica, è stata disposta, infine, nell’arco del triennio 2019-2021, l’assunzione di 40 mila insegnanti di sostegno e sono state stanziate risorse per la formazione di tali docenti sulla lingua italiana dei segni (Lis), in relazione alla quale e stato anche istituito un apposito fondo per la diffusione dei relativi servizi di interpretariato;

il presidente dell’Inps Pasquale Tridico a partire dalle domande per il reddito di cittadinanza ipotizza un surplus di risorse di circa 1 miliardo derivante dalle minori domande, che potrebbe essere impiegato nel sociale, in aiuti alle famiglie e in politiche attive del lavoro;

«c’è una connessione profonda tra questione sociale e questione criminale che diviene di anno in anno sempre più ineludibile. Le politiche economiche hanno determinato l’ascesa delle diseguaglianze» sono le parole dell’intervento del procuratore generale Roberto Scarpinata all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Palermo il 27 gennaio 2018;

secondo gli studi dei professori Maria Luisa Iavarone e Francesco Girardi «La Povertà Economica spesso è causa di Povertà Educativa. Il presente lavoro, attraverso l’analisi comparata di fonti statistiche, di indagini sociologiche e di documenti istituzionali evidenzia la stretta relazione tra povertà educativa e devianza minorile violenta. L’analisi del caso baby gang nella città di Napoli – così come di tutti gli episodi avvenuti sul territorio nazionale – mostra come le politiche che si concentrano esclusivamente su interventi repressivi dei fenomeni criminali – o le proposte di intervento che si basano sull’abbassamento dell’età “non punibile” da quattordici a dodici anni – non possono ottenere i risultati desiderati. Con riferimento all’abbassamento dell’età imputabile, infatti, risulterebbe fortemente ingiusto far ricadere sui minori gli effetti delle problematiche sociali e presenti nel nucleo familiare, soprattutto se si considera la carenza di investimenti da parte di una società fortemente bilanciata verso il solo mondo degli adulti ed in grado di rispondere ai problemi dell’infanzia e dell’adolescenza, in questo caso, con le sole proposte di politiche repressive, piuttosto che basate sulla prevenzione e sul Welfare»;

«Il contrasto alla criminalità violenta esige una combinazione equilibrata di politiche sociali ed educative in grado di accompagnare l’offensiva giudiziaria e repressiva. Le agende istituzionali che trascurano gli interventi integrati di sostegno sociale e di educazione trasformativa producono risultati di breve periodo rendendosi colpevoli di un crimine sociale capace di avvelenare progressivamente i contesti urbani»,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere la creazione di un fondo interministeriale per la realizzazione di reti stabili pluriennali di soggetti che operano a supporto delle istituzioni scolastiche che si riuniscano sotto un unico patto educativo territoriale, culturale, sociale e di legalità, al fine di amplificare e potenziare l’azione dei presidi culturali degli operatori del terzo settore, enti locali, biblioteche, librerie, teatri, spazi aperti, parchi, centri sportivi, educativi e di politiche attive del lavoro, considerato che i soggetti coinvolti, collegati tra di essi in un’unica rete e coordinati dai dirigenti scolastici del medesimo ambito territoriale, con le proprie attività culturali e di innovazione sociale, nonché di politiche attive del lavoro, possono fungere da supporto alle scuole per attività extrascolastiche, soprattutto in territori con problematiche di criminalità e dispersione scolastica;

2) ad avviare tutte le iniziative di competenza necessarie per un piano di assunzioni straordinario ed il coinvolgimento di assistenti sociali formati per intervenire in contesti familiari a rischio di devianza, contrastando la dispersione scolastica, anche aumentando il personale scolastico sul tempo pieno e promuovendo iniziative educative, culturali e sociali previste dal patto educativo territoriale volte a disincentivare azioni e comportamenti violenti messi in atto da minori;

3) ad adottare iniziative per prevedere che le scuole di ogni ordine e grado attivino un processo di monitoraggio, dal momento dell’iscrizione all’inizio dell’anno scolastico, dei rischi di devianza possibili all’interno dei contesti familiari, anche attraverso la collaborazione con i consultori familiari, al fine di raccogliere le informazioni riguardanti situazioni problematiche e di disagio presenti nei nuclei familiari degli studenti e per attivare politiche sociali, in coordinamento con gli enti locali, previste all’interno del patto educativo territoriale;

4) ad adottare iniziative per prevedere aiuti alle famiglie che vivono in territori con forti problematiche socio-economiche e che presentano, all’interno del proprio nucleo familiare, situazioni di disagio, attivando politiche sociali, politiche attive del lavoro, per la formazione e l’inserimento lavorativo dei genitori e degli studenti, al fine di contrastare l’abbandono scolastico ed il fenomeno delle baby gang;

5) ad adottare iniziative per attuare un piano di videosorveglianza all’esterno delle scuole, con particolare riguardo agli istituti situati in territori che presentano problematiche socio-economiche e di criminalità rilevanti;

6) ad adottare iniziative per rendere disponibili risorse umane ed economiche per raccogliere e sistematizzare o realizzare ricerche quali-quantitative volte ad analizzare il fenomeno in tutta Italia, al fine di supportare l’adozione delle politiche volte a contrastare il fenomeno dei comportamenti violenti di minori ed il fenomeno della dispersione scolastica, anche coinvolgendo figure professionali adeguate per il contrasto ai fenomeni citati;

7) ad adottare le iniziative di competenza per prevedere specifiche équipe territoriali formate da docenti, assistenti sociali, operatori di comunità per minori, sociologi, pedagogisti, per progettare ed adottare percorsi di educazione attiva e modelli educativi innovativi utili a contrastare la diffusione di comportamenti violenti di minori e l’abbandono scolastico;

8) a promuovere provvedimenti di regolamentazione volti a contrastare la violenza verbale sempre più diffusa nei principali canali media, quali tv, internet e social network, prevedendo delle azioni educative, coinvolgendo ogni scuola di ordine e grado, al fine di fornire i giusti strumenti per un’analisi critica delle informazioni reperibili dai media e sui pericoli a cui i giovani utilizzatori di internet sono soggetti;

9) ad adottare iniziative per prevedere, con cadenza biennale, un monitoraggio e quindi un reindirizzo delle politiche svolte a disincentivare azioni e comportamenti violenti di minori e contrastare la dispersione scolastica, messe in atto dalle singole scuole, attraverso l’analisi dei dati relativi agli indicatori del dei Bisogni educativi speciali (Bes) monitorati dall’Istat e dei dati raccolti e trasmessi dalle scuole al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dagli assistenti sociali al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.