DEIULEMAR, UN’INTERPELLANZA ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO

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L’interpellanza del Movimento Cinque Stelle al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’economia e delle finanze, al Ministro della giustizia.

Primo firmatario il mio collega deputato M5S, Daniele Pesco.

Dalla risposta all’interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-02285 svolta il 22 maggio 2012, si apprende, tra l’altro, da Dino Piero Giarda, l’allora Ministro per i rapporti con il Parlamento: «…La segreteria del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio ha comunicato che sin dal 2000 la società Deiulemar risulta essere stata sottoposta ad indagini giudiziarie per abusivo esercizio dell’attività finanziaria a seguito dell’emissione di prestiti obbligazionari. Nel 2002 la Banca d’Italia ha inviato all’autorità giudiziaria una segnalazione ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale, denunciando l’anomalo volume dei prestiti obbligazionari iscritti a bilancio negli esercizi 1999 e 2000. Nel 2006 sempre la Banca d’Italia ha negato alla Deiulemar l’autorizzazione, all’epoca necessaria ai sensi dell’articolo 129 del T.U.B., ad emettere un prestito obbligazionario di 50 milioni destinato ad un’offerta pubblica di sottoscrizione presso il pubblico indistinto. Sulla questione la Commissione nazionale per la società e la borsa ha comunicato che, in data 18 aprile 2012, il tribunale di Torre Annunziata ha dichiarato con sentenza il fallimento della società. Dalla sentenza emerge tra l’altro che diversi obbligazionisti hanno presentato denuncia alla locale procura della Repubblica sin dallo scorso anno, non avendo ottenuto il rimborso e il pagamento degli interessi sui titoli. In merito a tate denuncia, la Consob ha precisato che non risulta essere pervenuta alla stessa alcun tipo di segnalazione né da parte dei soggetti interessati né da parte dell’autorità giudiziaria competente. Le obbligazioni emesse dalla Deiulemar non sono negoziate sui mercati regolamentati. Dall’esercizio sociale 2004 la società è emittente di obbligazioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante. Quale emittente di obbligazioni diffuse, la società è comunque tenuta al rispetto delle relative disposizioni legislative regolamentari, tra le quali una generale informativa nei confronti del pubblico. Con riguardo invece alla diffusione di titoli irregolari, in data 23 gennaio 2012 il socio unico dell’emittente ha presentato un esposto all’autorità giudiziaria in merito alla messa in circolazione di certificati irregolari di tipo obbligazionario al portatore intestati alla Deiulemar compagnia di navigazione (…) l’importo complessivo delle obbligazioni irregolari in circolazione sarebbe pari a circa 684 milioni di euro, mentre i portatori delle stesse risulterebbero nel numero di circa 10.500. Sempre secondo quanto sinora emerso, i sottoscrittori delle obbligazioni irregolari versavano gli importi relativi alle sottoscrizioni per contanti o per assegno intestato all’amministratore unico o ancora mediante bonifico bancario su conti intestati al medesimo. I debiti in questione infatti erano contratti direttamente dall’amministratore unico. Tale dato risulta confermato dalle indagini da ultimo svolte dalla società di revisione Kpmg, la quale, nell’ambito della nota del 16 aprile scorso, ha rappresentato che alla data attuale non sono emersi elementi che portino a ritenere che la gestione delle obbligazioni irregolari sia transitata nella contabilità della società e nei conti bancari ad essa intestati…»;
dalla risposta riportata nel resoconto stenografico d’Aula relativo all’interpellanza urgente n. 2-00031 del 16 maggio 2013 che si richiama in toto, si apprende, tra l’altro, da Alberto Giorgetti, Sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze pro tempore: «(…) In particolare, apparentemente, le obbligazioni irregolari presentano le medesime caratteristiche di quelle regolari; tuttavia le stesse non solo sono del tutto prive dei requisiti formali e sostanziali tali da poter essere correttamente definite come obbligazioni, ma risultano, altresì, del tutto estranee alla sfera di riferibilità della società. I citati titoli sono viziati da nullità assoluta e, pertanto, non qualificabili alla stregua di obbligazioni, neppure irregolari. Gli stessi sembrano, piuttosto, da ritenersi del tutto inesistenti come titoli obbligazionari, data l’assenza degli elementi minimi costituivi di questi ultimi. A tal proposito, il responsabile avrebbe personalmente dichiarato che la situazione debitoria derivante dall’emissione dei titoli in questione «era riferibile esclusivamente alla sua persona». (…) I debiti in questione, infatti, «erano contratti direttamente dall’amministratore unico, che gestiva rimborsi ed interessi, senza contabilizzarli nel bilancio della società e all’insaputa del collegio sindacale». Tale dato risulta confermato dalle indagini da ultimo svolte dalla società di revisione KPMG, la quale, ha rappresentato che «alla data attuale (…) non sono emersi elementi che portino a ritenere che la gestione delle obbligazioni irregolari sia transitata nella contabilità della società e nei conti bancari ad essa intestati». Allo stato attuale degli accertamenti, l’estraneità della società alla raccolta di denaro effettuata dal signor Iuliano e la conseguente falsità dei certificati consegnati ai risparmiatori sembra escludere che, nella fattispecie, vi sia stata un’offerta di prodotti finanziari da parte della Deiulemar, cui sia ricollegabile un obbligo di prospetto informativo…»;
la risposta relativa all’interrogazione a risposta immediata in Commissione finanze n. 5-01317 del 30 ottobre 2013, richiamata in toto, riconferma l’iter del coinvolgimento delle autorità di vigilanza nella vicenda e la loro cooperazione con la giustizia, anche in campo internazionale: «(…) con riferimento alla vicenda della società Deiulemar Compagnia di Navigazione S.p.A. chiedono se Unità di informazione finanziaria e la Banca d’Italia abbiano posto in essere tutte le azioni prescritte dalla normativa vigente. (…) La UIF ha, inoltre, trasmesso all’Autorità giudiziaria le segnalazioni di operazioni sospette ricevute sui soggetti sottoposti a indagini, nonché le informative ottenute nell’ambito dei rapporti di collaborazione internazionale fra Financial Intelligence Unit (…)»;
dalla «Relazione avente ad oggetto lo stato di crisi della società “Deiulemar Compagnia di Navigazione s.p.a.”» del 10 maggio 2012, reperibile in internet, redatta dall’avvocato Luciano Imparato e dal professore avvocato Gennaro Terracciano su incarico del comune di Torre del Greco con delibera n. 63 del 7 marzo 2012, si apprende: «Deve precisarsi che le informazioni assunte ai fini della presente relazione sono state, esclusivamente, reperite sulla base di documenti ufficiali della società “Deiulemar Compagnia di Navigazione s.p.a” che includono i documenti pubblicati sulla Camera di commercio, i comunicati resi dalla società ai sensi degli artt. 114 e 116 del Testo Unico delle Finanza (Dlgs. n. 58/1998) e dell’articolo 66 del regolamento di attuazione del Dlgs. N. 58/98 concernente la disciplina degli emittenti, le informazioni assunte negli incontri ufficiali con i rappresentanti della società, nonché si fondano sulla motivazioni contenute nella sentenza di fallimento emessa dai Tribunale Civile di Torre Annunziata in data 2 maggio 2012. (…) 2) Le attività svolte. 2.1. A seguito della comunicazione dell’incarico avvenuta ufficialmente in data 16/3/2012, si è, immediatamente, provveduto a prendere contatti con l’amministratore della società avv. Roberto Maviglia, al fine di conseguire la documentazione ufficiale utile alla ricostruzione della vicenda in questione. 2.2. In data 8 marzo 2012, si è presenziato all’incontro richiesto dal Sindaco presso la sede dell’Assessorato al Lavoro e alla Formazione della Regione Campania, al quale hanno partecipato l’Assessore Severino Nappi, in qualità di coordinatore della Cabina di regia per la gestione dei processi di crisi e di sviluppo, l’amministratore della società e alcuni rappresentanti sindacali. Nei corso dell’incontro, sono state richieste all’amministratore, estraneo alla proprietà, garanzie sull’esistenza di risorse finanziarie capaci di consentire ai risparmiatori di non perdere i propri investimenti e ai dipendenti il proprio posto di lavoro, sia pure nel tempo e nell’ambito di un percorso di rilancio dell’impresa. L’amministratore della società confermava, a quella data, il conferimento da parte dei soci di risorse per circa 75 milioni, nonché la volontà manifestata dal soci di mettere a disposizione beni immobiliari per circa 50 milioni. In particolare, veniva comunicato l’avvio delle procedure per far confluire, nella disponibilità della società, le partecipazioni azionarie della società Deiulemar Shipping s.p.a e Ledi Shipping s.r.l detentrici della proprietà di una flotta di circa 18 navi. (…) Si è successivamente provveduto a prendere contatti con la direzione generale della Consob, al fine precipuo di illustrare all’organo di vigilanza, lo stato dell’arte sulla vicenda. In particolare in data 2/4/2012 è stato organizzato un incontro con il Direttore generale della Consob (…) 2.8. Successivamente, alle ore 18.00 dello stesso giorno si è presenziato all’incontro tenutosi presso l’Hotel Sakura in Torre del Greco al quale erano presenti il Sindaco, l’amministratore della società ed un socio della stessa (omissis), che hanno fornito informazioni sull’evoluzione della vicenda sui piano giudiziario, ed in particolare sullo svolgimento dell’udienza tenutasi presso il Tribunale civile di Torre Annunziata 18 aprile, avente ad oggetto la delibazione in merito alla dichiarazione di fallimento della società armatoriale. Inoltre i rappresentati della società hanno illustrato, per le vie brevi, i contenuti essenziali della proposta di concordato, che venivano rappresentati, quanto alle percentuali di soddisfazione del ceto degli obbligazionisti, in questi termini: riconoscimento di una percentuale pari al 52% del valore nominale delle obbligazioni, rispetto a tale valore riconoscimento del 24% in contanti, il 38% in obbligazioni ed il restante 38% in azioni della società. Inoltre i rappresentanti della società provvedevano ad aggiornare i presenti in ordine agli impegni che avevano preso i singoli soci, quanto alla messa a disposizione a favore della Deiulemar Compagnia di Navigazione s.p.a. di beni personali e quote societarie di altre società. (…) 2.9. In data 22 aprile 2012 alle ore 17.00 si è presenziato ad ulteriore incontro organizzato dall’amministratore e dai soci della società (omissis), tenutosi presso la sede dell’Hotel Sakura, nell’ambito del quale l’amministratore ed i soci hanno illustrato nei dettaglio le soluzioni proposte nel piano di concordato depositato. In particolare, i soci hanno illustrato il progetto di costituzione di una public company, resa possibile in virtù della esecuzione della deliberazione assembleare del 23 aprile 2012, con la quale i soci riapprovano la situazione economico-patrimoniale della società al 29 febbraio 2012, a seguita delle attività di censimento dei certificati obbligazionari, dalla quale emergeva un patrimonio netto negativo della società pari a Euro 858.877.901,15 che include anche la voce relativa al fondo rischi per pretese dei portatori di certificati c.d. irregolari, già menzionato nel comunicato diffuso dalla società in data 18 aprile 2012 e che, senza considerare il citato fondo rischi, evidenzierebbe un patrimonio netto negativo pari a Euro 136.414.620,57. (…) 3. La sentenza di fallimento: In data 2 maggio 2012 il Tribunale civile di Torre Annunziata ha emesso sentenza di fallimento della società “Deiulemar Compagnia di Navigazione s.p.a.” Come si apprende dalla lettura della sentenza le richieste di dichiarazione di insolvenza della società sono state presentate anche da creditori appartenenti alla categoria dei soggetti detentori dei certificati c.d. irregolari. (…) quanto alla sussistenza dello stato di insolvenza, il Tribunale ha ritenuto che lo stesso emergerebbe proprio dalle notizie diffuse da mesi dagli organi di stampa, alla quale peraltro, ha più volte fatto richiamo la stessa amministrazione societaria nei comunicati aziendali. Inoltre, ulteriori circostanze che depongono ai fini della declaratoria dell’insolvenza fanno riferimento alle denunce presentate dagli obbligazionisti alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, aventi ad oggetto il mancato rimborso degli interessi sui titoli, nonché la circostanza che sia stata proprio la società ad effettuare un «censimento» di tali titoli obbligazionari, indice quest’ultimo di una condotta palesemente irregolare, in quanto violativa delle modalità e del limiti previsti dall’articolo 2412 c.c. Sotto tale ultimo profilo, il Tribunale sostiene che attraverso tale modalità sia stato riversato sugli obbligazionisti il rischio d’impresa, in misura ampiamente maggiore che sugli azionisti, in contrapposizione con i principi generali propri delle società di capitali: «Con l’ovvia conseguenza che il denaro versato e non rientrante nella somma deliberata per l’emissione del prestito obbligazionario, non è confluito nelle casse della società e, quindi nei relativi libri sociali, ma altrove….» Per cui viene aggiunto che: «Né alcun dubbio può sussistere che trattasi di debito della società: la spendita del nome della stessa, l’intestazione del titoli, il successivo riconoscimento apposto sugli stessi (v. timbro “Documento presentato in data… ai fini della richiesta di ricognizione e riconoscimento” sono tutti elementi d’assoluto conforto e conformi ai principi civilistico commerciali tra l’altro già adottati da questo Tribunale in altra procedura fallimentare (Dimaiolines). Ai fini della legittimazione, tutti i soggetti ricorrenti hanno, pertanto, dimostrato di possedere uno o più titoli di credito nei confronti della resistente, nei cui confronti la Deiulemar appare inadempiente, avendo in concreto, dimostrato di non possedere la liquidità necessaria per estinguere detti debiti e risultando in questa sede ininfluente ogni valutazione sulla capienza patrimoniale non trattandosi di società posta in stato di liquidazione.» Infine, viene aggiunto che sintomatico indizio dell’insolvenza è stato anche il sistematico «svuotamento» del patrimonio sociale, attraverso il trasferimento di molteplici unità navali ad altro soggetto giuridico, la Deiulemar Shipping s.p.a., unitamente alla cessione di un ramo d’azienda, comprendenti due unità navali alla Ledi Shipping s.r.l. (…) in dipendenza del percorso motivazionale adottato dal giudice, il portatore di un certificato obbligazionario, in sede di ammissione al passivo, non dovrà richiedere al Tribunale il previo accertamento che quel titolo sia effettivamente riconducibile alla società fallita e che dunque quest’ultima sia ritenuta debitrice nei confronti dei portatore. Ciò in quanto, il Tribunale ai fini della dichiarazione di insolvenza della società – richiesta anche da soggetti detentori di certificati obbligazionari che, a detta della società, non risultavano registrati nelle scritture contabili – ha dovuto, preliminarmente, verificare la legittimazione attiva del creditore, e dunque accertare che quel titolo potesse essere considerato come titolo di credito nei confronti della società, e dunque idoneo a configurare la legittimazione attiva a richiedere il fallimento. In detta prospettiva, la valutazione del giudice ha così implicato un accertamento della natura giuridica di detti certificati, che a detta del Tribunale non possono che essere riconducibili alla società “Deiulemar Compagnia di Navigazione s.p.a”, richiamando, a riguardo, altro precedente giudiziario relativo al fallimento della società “Dimaiolines”, per il quale il Tribunale aveva provveduto a riconoscere come emesse da quest’ultima i titoli obbligazionari che non risultavano dalla stessa contabilizzati. (…) Ciononostante, si rileva che alla luce della motivazioni seguite dai Tribunale nella sentenza di fallimento, che attribuiscono precipua rilevanza distrattiva alle cessioni di ramo d’azienda compiute, che hanno portato al sostanziale scorporo dalla Deiulemar Compagnia di Navigazione delle attività armatoriale per effetto della attribuzione alta Deiulemar Shipping s.p.a, e alla Ledi Shipping s.r.l. di gran parta dei patrimonio sociale della prima, è presumibile ritenere che i curatori fallimentari possano attivare iniziative recuperatorie, nonché richiedere l’estensione dei fallimento anche alle società cessionarie, al fine di incrementare l’attivo patrimoniale della Deiulemar Compagnia di Navigazione s.p.a. Del resto ulteriore indicatore che potrebbe far propendere implicitamente per la rilevanza distrattiva delle suddette operazioni, sembrerebbe desumersi dai comunicati ufficiali pubblicati sul sito internet aziendale ove l’organo amministrativo dà atto della redazione di scritture private sottoscritte dai soci, formalizzate alla data del 29/2/2012, attraverso le quali i soci si sarebbero impegnati a richiedere ai rappresentanti degli strumenti giuridici cui ne è riconducibile la titolarità, di far sì che sia apportato alla società Deiulemar Compagnia di Navigazione s.p.a., il 100% delle quote societarie di Deiulemar Shipping S.p.A, che, a sua volta, detiene il 100% delle quote societarie di Ledi Shipping S.r.l. Parvero, deve evidenziarsi che tali misure erano stata preordinate dai soci proprio al fine di rafforzare la base patrimoniale della società emittente Deiulemar Compagnia di Navigazione s.p.a, e che le stesse risulterebbero esplicate nella proposta di concordato presentata in data 17/4/2012, all’evidente finalità di massimizzare il grado di soddisfazione dei creditori obbligazionisti…»;
dall’articolo di «PLUS24» (il Sole 24 Ore) dell’11 giugno 2016, a firma Stefano Elli, dal titolo «Deiulemar, crack annunciato – La compagnia dal 2001 era nei mirino di Bankit Uic e Uif per abusivismo Chiarissime le avvisaglie – Ma nessuno stop», si legge: «Ricapitolando. Gli obbligazionisti della Deiulemar Compagnia di navigazione di Torre del Greco sono più di 10 mila, il danno complessivo del crack supera gli 800 milioni di euro. Una catastrofe i cui danni, forse, si sarebbero potuti limitare. Secondo le ricostruzioni effettuate da Plus24 emerge con chiarezza documentale che le autorità di controllo da almeno sedici anni seguivano con attenzione selettiva le peripezie di quella che è stata efficacemente ribattezzata la Parmalat del mare. E, almeno in questo caso, non si può affermare che la qualità dei controlli effettuati sia stata blanda o distratta. Sì perché non solo Banca d’Italia e l’Uic (l’Ufficio italiano dei cambi poi Uif, Unità di informazione finanziaria) sapevano dal 2000 della raccolta abusiva della Deiulemar, ma si erano pure attivate per «bloccarne» le attività. Nel 2000 infatti venne ispezionata la Banca di Credito popolare di Torre del Greco. Emerse proprio durante quella verifica l’esistenza di un agguerrito concorrente della banca sul fronte della raccolta remunerata: la Deiulemar, appunto. Nel febbraio dei 2001, poi, informazioni di maggior dettagli davano conto di operazioni inquadrabili senza mezzi termini come abusiva raccolta. Non è tutto. Addirittura, a quanto risulta a Plus24, sin dall’ottobre del 2001 risultava aperto un fascicolo alla procura di Torre Annunziata Mentre due mesi prima, nell’agosto del 2001, all’Uic erano state trasmesse almeno cinque segnalazioni di operazioni sospette a carico di persone collegate a uno dei proprietari della Deiulemar, l’armatore Michele Iuliano. Di più: ancor prima dei 2000, più precisamente nei 1997, Banca d’Italia era già consapevole che la Deiulemar volesse virare verso la finanza. La società aveva, infatti, richiesto l’iscrizione all’elenca speciale previsto dall’articolo 106 dei testo unico bancario. La richiesta venne respinta. Perché ? Non solo perché mancavano i presupposti, ma pure perché Iuliano (il «capitano», deceduto per un malore durante una perquisizione della Gdf subito dopo il fallimento) risultava già allora sotto indagine per riciclaggio. Nel febbraio dei 2002 poi, fu la stessa Banca d’Italia a denunciare alla procura della Repubblica di Torre Annunziata (attraverso la Guardia di Finanza) un’attività particolarmente intensa di raccolta di risparmio configurabile come abusiva. Non basta. Tra il 1999 e il 2012 l’Uic prima e l’Uif dopo avevano ricevuto una messe di segnalazioni di operazioni sospette che riguardavano frequenti versamenti e bonifici di piccole entità soprattutto su conti correnti personali intestati a Iuliano. A giudizio di chi si era attivato per segnalare le operazioni poco chiare, quelle movimentazioni sarebbero state il frutto di attività negoziali che avrebbero riguardato proprio le obbligazioni emesse dalla Deiulemar. Nei dettagli sarebbe stato Iuliano ad avere utilizzato i propri conti personali raccogliendo fondi da parte di soggetti privati a gestendone le somme in quella che si configurava come un’attività di, vera a proprio gestione non autorizzata. Nonostante le denunce, gli esposti, le segnalazioni, le ispezioni, però, la macchina del crack ha continuato a stritolare vittime e denaro nel suo micidiale ingranaggio senza che nulla si interponesse per impedirlo. Una sorta di Vajont finanziarlo che offre la plastica raffigurazione di come in troppi casi un’occhiuta vigilanza formale, corrisponda una capacità d’intervento davvero insufficiente»;
sempre a firma Stefano Elli, sullo stesso numero di Plus24, l’articolo dal titolo «Sdf, trepida attesa per la Cassazione – Nella Società di fatto c’è il grosso degli attivi della bancarotta», ove si legge tra l’altro «(…) Perché la pronuncia della Cassazione e così importante ? Perché la Sdf contiene il grosso del patrimonio indirettamente aggredibile per eventuali riparti. E non a caso nel comitato dei creditori della Sdf c’è anche la stessa curatela di Dcn. Neppure un euro degli oltre 800 milioni distratti o dissipati dai responsabili del crack, infatti è entrata nella casse della società operativa, trasformando la ricostruzione dell’attivo e del passivo in una sciarada per i curatori. Non così la Sdf, nella quale sono state fatte indirettamente confluire numerose proprietà immobiliari, cespiti e altri attivi, superstiti dalla sistematica espoliazione già architettata dai responsabili del crack (e da raffinatissimi esperti di ingegneria societaria) attraverso la costituzione di un reticolo di società fiduciarie, trust lussemburghesi e maltesi. Tra i cespiti finiti indirettamente nella Sdf, immobili a suo tempo già conferiti nel Fip, il Fondo immobili pubblici e misteriosamente confluiti nella rete di Srl riconducibili agli armatori falliti»

SI CHIEDE

se il Governo, vista la palese responsabilità della pubblica amministrazione nella vicenda, non intenda adoperarsi al fine di trovare le risorse per ristorare i risparmiatori truffati e le famiglie di chi si è tolto la vita;
se il Ministro dell’economia e delle finanze, vista l’impotenza del Governo italiano nei confronti delle Autorità cosiddette di vigilanza, viste le risposte fornite agli atti di sindacato ispettivo nonostante l’esistenza di documenti discordanti, non intenda, congiuntamente agli altri membri del Governo, prendere in considerazione una riforma delle Autorità stesse o quantomeno dei poteri del CICR, al fine di garantirne un controllo pubblico, visto il palese fallimento della loro «indipendenza».

LEGGI L’INTERPELLANZA -> http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=2/01483&ramo=CAMERA&leg=17

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