L'equocompenso è una tassa impropria e la SIAE è un monopolio non equo per i musicisti più debo

equocompenso
Il Ministro Franceschini ha emanato venerdì scorso un decreto, di cui ancora non è disponibile il testo (dopo una settimana alla faccia della trasparenza), attraverso il quale ha aggiornato, aumentandole esponenzialmente, le tariffe dell’equo compenso per copia privata.

Ma cosa si nasconde dietro questo equo compenso? Nient’altro che un altro regalo alle lobby dell’audiovisivo e a quel carrozzone mangiasoldi chiamata SIAE, dopo l’approvazione del famigerato regolamento AGCOM sulla pirateria in rete.

La legge sul diritto d’autore prevede, infatti, la possibilità per gli utenti di fare delle copie private delle opere acquistate legittimamente. A fronte di tale diritto la stessa legge prevede che gli autori debbano ricevere un “equo” compenso. Questo compenso viene stabilito con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e aggiornato ogni tre anni. Il compenso deve essere versato dai produttori, importatori, distributori di prodotti adatti alla registrazione (cd, dvd, videoregistratori ma anche dvd recorder, smartphone e tablet) in favore della SIAE che attraverso sistemi di distribuzione, quantomeno poco trasparenti, li assegna ai propri associati.

Il vecchio decreto ministeriale (datato 2009) doveva essere aggiornato e Franceschini ha pensato bene di fare questo regalo alla SIAE, a danno dei cittadini, aumentato in maniera spropositata i compensi previsti.

Il Ministro, come segnalato da esperti della materia, non ha seguito neanche i parametri offerti da ricerche commissionate dal suo stesso ministero per compiere questo aggiornamento. Infatti, il precedente Ministro Bray aveva commissionato una ricerca che chiariva come solo una percentuale molto bassa di consumatori italiani usa lo smartphone o i nuovi devices tecnologici per fare copie private e, quindi, imporre e addirittura aumentare la quota di prelievo su questi dispositivi appare arbitrario e irragionevole.

Ma c’è anche di più!

Infatti il Ministro ha voluto assicurare che non si tratta di una nuova tassa che graverà sui consumatori e che così i compensi previsti sono allineati con altri Paesi europei.

Peccato che queste affermazioni si scontrano con la realtà dei fatti e del mercato. Come si fa anche solo a pensare che un produttore come Apple o Samsung non scaricherà questi costi aggiuntivi sul prezzo finale dei prodotti e, quindi, sui consumatori? E poi perché il Ministro fa’ confronti solo con Francia e Germania senza considerare gli altri oltre 20 Paesi dove il compenso è più basso?

Insomma non si tratta di nient’altro che di un regalo, l’ennesimo alle lobby dell’audiovisivo, che non vogliono cambiare e continuare a lucrare a discapito dell’innovazione, che sta a cuore a questo Governo solo a parole.
Mirella Liuzzi – Portavoce M5S alla Camera

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